domenica 19 aprile 2009

Il rischio sismico nella Sicilia orientale. La prevenzione che non parte mai. Che cosa bisogna fare, e subito









(Turi Caggegi) Si dirà: non è il momento di fare polemiche e rivendicazioni, adesso dobbiamo solo concentrarci sugli aiuti alle popolazioni colpite dal disastroso terremoto in Abruzzo. Invece no: bisogna certo concentrarsi sugli aiuti alle popolazioni colpite, ma bisogna anche rivendicare attenzione sulla prevenzione sismica, su come evitare tali tragedie in futuro.
E bisogna farlo adesso. Adesso che l'attenzione e la sensibilità sono alte, adesso che siamo tutti emotivamente coinvolti, adesso perché la storia ci ha insegnato che in Italia, passata l'emergenza e il coinvolgimento emotivo, tutto si dimentica e i problemi restano irrisolti.
Dobbiamo farlo adesso e dobbiamo farlo noi, intendo noi siciliani, perché la Sicilia, in particolare quella orientale, è una delle regioni a più alto rischio sismico del mondo. Sì, del mondo.
Allora facciamolo, facciamo anche delle proposte che valgano anche per tutte le altre zone del territorio nazionale (e non sono poche) che sono soggette allo stesso rischio e cerchiamo di non mollare la presa fino a quando non otteniamo fatti concreti. Facciamolo cercando il coinvolgimento di tutti, di istituzioni e associazioni, di imprese e privati, di partiti e movimenti indipendentemente dalla collocazione politica. La prevenzione è possibile, e la prevenzione e la salvaguardia della vita umana e del patrimonio culturale e architettonico non sono politicamente schierate, non sono e non devono essere né di destra né di sinistra.

Non abbiamo ancora finito di commemorare il terremoto di 100 anni a Messina (ben più violento di quello abruzzese) che nel 1908 fece 100 mila morti; ricordiamoci che nel 1693 tutta la Sicilia orientale fu letteralmente rasa al suolo da un terremoto catastrofico che distrusse 45 centri abitati e fece 60 mila morti (16 mila su 18 mila a Catania). Ricordiamoci anche che nel 1968 la valle del Belice (Sicilia occidentale, stavolta) venne devastata da un terremoto neanche tanto potente e ricordiamoci che nel 1990 ci furono quasi venti morti per un terremoto nella zona di Augusta, il terremoto di Santa Lucia.
E ricordiamoci, ancora, che chi vive nella Sicilia Orientale spesso si trova in zone dove i rischi si sommano: rischio industriale nelle zone di Siracusa e di Milazzo a causa dei poli petrolchimici, rischio vulcanico nell'area dell'Etna, rischio idrogeologico quasi dappertutto.

Circa 25 anni fa, dopo la tragedia dell'Irpinia, il ministro della protezione civile Zamberletti disse che un terremoto nella Sicilia Orientale avrebbe provocato almeno 50 mila morti. Alcuni dissero che era una stima ottimistica, altri, la maggioranza, fece gli scongiuri del caso e preferì dimenticare quell'allarme. Zamberletti finì additato come iettatore, e noi restiamo a convivere con il nostro rischio, pregando e sperando che non accada nulla.

Purtroppo non basta fare gli scongiuri, e si sa che prima o poi certe zone, molto ben conosciute, saranno colpite da terremoti disastrosi se non catastrofici. Eventi inevitabili, da cui ci si può difendere in un solo modo: con la prevenzione.

Prevenzione significa costruzione di edifici con criteri antisismici e adeguamento degli edifici esistenti a criteri antisismici. Infatti solo dopo il 1981 in Italia è stata fatta una legge che obbliga alla costruzione con criteri antisismici in certe zone d'Italia (Sicilia orientale compresa), mentre sono del tutto vulnerabili le costruzioni precedenti (il 64% del totale, secondo alcune stime).
Si sapeva da molto prima del 1981 che la Sicilia orientale era zona sismica, eppure un irresponsabile sindaco di Catania negli anni '60 si vantò di essere riuscito a evitare che la città venisse dichiarata zona sismica! E si tenga conto che secondo i costruttori, un edificio antisismico costa solo (al massimo) il 10% in più di una costruzione non antisismica. Quanto vale la nostra vita e quella dei nostri figli?

Dopo l'allarme di Zamberletti, va detto che l'allora Presidente della Regione Rino Nicolosi, si impegnò per intervenire con misure di prevenzione, ma i risultati, per vari motivi, furono scarsi.

E allora ecco le proposte, che riguardano sia gli edifici pubblici sia quelli privati. Proposte che secondo noi non solo ci garantirebbero una vita più sicura, ma alla lunga ci farebbero anche risparmiare mettendo in moto da subito importanti risorse per stimolare l'economia in questo periodo di crisi. Si stima infatti che solo negli ultimi venti anni siano stati spesi oltre 100 miliardi di euro in seguito a emergenze di vario tipo. E naturalmente questi 100 miliardi non sono serviti a evitare lutti e distruzioni, ma solo a soccorrere le vittime. Se queste risorse fossero state impegnate nella prevenzione, probabilmente oggi staremmo in un Paese più sicuro e piangeremmo meno morti.
Le proposte.
La prima consiste nell'avviare un piano straordinario pubblico per la messa in sicurezza degli edifici pubblici come scuole, ospedali, prefetture, questure, caserme di militari e vigili del fuoco e altre strutture strategiche (per esempio chiese e monumenti), a partire dalle aree dove il rischio è più elevato (e la Sicilia orientale è sicuramente tra queste).
Seconda proposta: inserire nell'annunciato piano-casa del governo nazionale una norma che consenta ai privati l'adeguamento antisismico degli edifici, con semplificazione delle procedure (ma anche con controlli rigidi sulla correttezza degli interventi per evitare abusi) e agevolazioni fiscali straordinarie, anche più elevate del 36 o 55% di detrazione riconosciuto per le ristrutturazioni e per il risparmio energetico. Diciamo il 75 o l'80%.
In questo modo si avrebbero molti effetti positivi: si mobiliterebbero ingenti risorse da parte dei privati (cosa che aiuterebbe l'economia), si avrebbero meno lutti e la salvaguardia del patrimonio artistico e architettonico. Le risorse non incassate dallo stato per le detrazioni di certo verrebbero compensate dal benefico effetto sull'economia, dalla creazione di posti di lavoro (con risparmio sui sussidi di disoccupazione e/o cassa integrazione e con l'incasso di imposte su salari, stipendi, fatturato delle imprese, ecc.), dal risparmio, statisticamente rilevante, per interventi di emergenza a seguito di calamità future.
E facciamo appello non solo allo Stato, ma anche alla Regione Siciliana, cui spettano importanti competenze in questa materia.
Dunque, ognuno di noi faccia tutto il possibile per aiutare le popolazioni colpite in Abruzzo, ma faccia anche tutto il possibile per evitare o comunque per minimizzare l'impatto di questi eventi in futuro.





FONTE Siciliainformazioni 6-4-2009

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